Si sbaglia sempre. Si sbaglia per rabbia, per amore, per gelosia. Si sbaglia per imparare. Imparare a non ripetere mai certi sbagli. Si sbaglia per poter chiedere scusa, per poter ammettere di aver sbagliato.Si sbaglia per crescere e per maturare. Si sbaglia perché non si è perfetti, si è umani.”
Bob Marley
Si dice che Edison abbia fatto quasi 2000 tentativi prima di mettere a punto la sua lampadina; eppure non ha mai mollato.
Michael Jordan sa elencare con precisione quasi ogni tiro sbagliato della sua lunga carriera, ogni partita persa, ogni tiro decisivo mancato. Ma considera ognuno di questi errori la base del suo successo.
Mettiamoci pure l’anima in pace: sbagliare è inevitabile, prima o poi un errore lo commettiamo tutti. A scuola, a casa, nel lavoro, nelle relazioni, nella vita, praticamente nessun ambito della nostra esistenza ne è escluso. E se qualche errore è davvero minimo (una cena bruciata o immangiabile non è certo la fine del mondo) a volte commettiamo davvero sbagli clamorosi. Con conseguenze anche pesanti.
Ho letto di recente un bell’articolo di Frederick Franget sulla rivista “Mind” di LeScienze (gennaio 2018) proprio su questo argomento.
Franget si interroga sulle diverse modalità con cui si reagisce agli errori. Proviamo a pensarci. Come reagiamo, noi, di solito?
C’è chi generaliizza: non si limita cioè a riconoscere ciò che è solo UN errore, più o meno grave, ma si butta giù pensando “io sono sbagliato”. A scuola mi hanno insegnato bene l’uso del lessico, e quanto può fare la scelta delle parole che utilizziamo: c’è una bella differenza tra “io sono sbagliato” e “io ho sbagliato”! Il primo è un giudizio sulla persona, il secondo considera il comportamento: che cosa è più funzionale? Anche per rimediare all’errore commesso?
Poi c’è chi proprio non ammette errori: anche la più piccola sbavatura rispetto all’immagine perfetta di noi o di come dovrebbe essere la nostra vita si trasforma in una tragedia. Chiediamo troppo a noi stessi, ma se cercare di migliorare è sempre uno stimolo in più, tendere sempre alla perfezione in ogni campo può causare ansia. Si può arrivare ad essere sempre più ambiziosi, ma si può anche ottenere l’effetto opposto: per la paura di sbagliare possiamo paradossalmente diventare mediocri. Ovvero, tendere a obiettivi più modesti, ma più facilmente raggiungibili, rispetto alle nostre ambizioni, alle nostre capacità. Si riduce l’ansia, certo; per contro l’insoddisfazione è in agguato dietro l’angolo.
Se poi la stessa ansia da perfezione la proiettiamo anche sugli altri, quanto si complicano le nostre relazioni…
La paura di sbagliare può portare a un livello di insicurezza tale da spingere a un’eterna incertezza, paralizzante: per paura, alla fine, non si prendono decisioni. Oppure si procrastinano sino all’ultimo, quando proprio non se può fare a meno (e poi dobbiamo correre contro l’ulteriore tensione di non avere tempo sufficiente per farcela).
Chiaro: sbagliare non fa piacere a nessuno.
Però gli errori fanno parte del nostro bagaglio. E cercare a tutti i costi di evitarli può portare a commettere errori ancora più clamorosi. A vivere di rimpianti. Ad accontentarsi. A non raccogliere mai le occasioni che ci si presentano, le sfide, le avventure.
Non dico che bisogna essere incoscienti. La paura è un istinto innato che serve anche a preservarci. Dico che ogni tanto dobbiamo avere coraggio ed osare di mettere il naso fuori dalla nostra zona di comfort e ..buttarci. Sapendo anche che possiamo sbagliare, ma che dai nostri errori avremo magari qualcosa da imparare.
Certo, se sbagliamo, dobbiamo prenderci anche la responsabilità che dai nostri errori deriva, anche se le conseguenze a volte possono essere spiacevoli, difficili (a volte persino imbarazzanti!).
Ma forse a volte, dopotutto, è meglio mancare il bersaglio piuttosto che restare sempre in panchina e non sbagliare mai.