Del cucinare e dei piatti pronti

Da un po’ di tempo mi cullava, un po’ oziosamente, l’idea di mettermi a dieta (che idea originale, vero?)

Però….

Questa non va bene perché si mangia solo miglio.
Questa no perché ha solo proteine e niente carboidrati.
Questa nooo, troppi carboidrati, ma si può?
Questa è troppo triste.
Quest’altra prevede solo cibi esotici e costosi.
Questa è base di cavoli e radicchio, non se parla nemmeno.
Questa è troppo punitiva…

Insomma, ogni scusa era buona per non cominciare.

E poi ne ho trovata una non triste, molto varia, sana, colorata, persino gustosa e anche divertente, perchè mi ha messo in contatto con molte altre persone, alcune diventate vere amiche: uno stile di vita più che una dieta. Evvai!

Certo ci sono alcune rinunce: ovvio, niente dolci, niente vino… ma insomma una dieta è pur sempre una dieta.

L’altro problema è che per essere varia, sana, colorata, gustosa ecc…. occorre cucinare tanto (per i miei standard). Insomma, niente scorciatoie e soprattutto.. niente comodi piatti pronti!

Si, ma cosa c’entra tutto questo con il counseling ?

C’entra, c’entra.
Ci sono molte affinità tra il cucinare e il counseling!

Quando parlo per la prima di volta con qualcuno di counseling o comunque di crescita personale, mi accorgo molto spesso, dalle domande che mi vengono poste, che le persone vorrebbero avere una bacchetta magica che risolva in un istante tutti i loro problemi. E storcono il naso quando si rendono conto che così non è.

In pratica, si aspettano la “dieta miracolosa” rapida, senza rinunce, senza fatica, e a base di piatti pronti (e senza cavolo e senza radicchio).

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Non è così, niente bacchette magiche purtroppo.

Però quando iniziano a rendersi conto:

– che ogni progresso richiede un cambiamento, piccolo o grande che sia e di uscire da quelle abitudini che magari ci fanno sentire nostro agio, ma che possono non essere funzionali per raggiungere i nostri obiettivi;

-che impegnarsi per la propria crescita può essere sicuramente faticoso, talvolta, ma che poi i risultati premiano,

– che alla fine gran parte del risultato dipende solo da noi,

allora diventa tutto più semplice. Il primo passo è compiuto.

E poi?

Poi succede che ogni risultato positivo sprona a proseguire, proseguire comporta raggiungere nuovi risultati, nuovi risultati incitano a proseguire…. e così via. Diventa uno stile di vita, non più “una dieta”.

Certo, ci saranno rinunce, fatiche, bivi, periodi di sconforto e battute d’arresto, ma una volta iniziato, impegnandosi, non scoraggiandosi, quegli obiettivi che inseguiamo da tanto, quei cambiamenti desiderati arrivano.

E ci prende gusto.

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Proprio come cucinare può dare soddisfazione, è un gesto creativo, che a volte richiama alla mente antichi rituali, gestualità dimenticate. Odori, colori e sapori si mescolano tra di loro per assumere nuove forme e consistenze: partendo da pochi ingredienti si possono creare capolavori. Con molta più ricchezza e gusto rispetto a un piatto pronto!

E il counseling in fondo è come cucinare: riscoprire le risorse che tutti a noi abbiamo a disposizione (tutti) e creare un’ opera d’arte autentica e d’autore: la nostra vita.

Con un pizzico di sapienza, di saggezza e, indispensabile, un tocco di giocosità.

E a voi piace “cucinare”?

Breathwalking: quando i passi si fondono con il respiro

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Basta entrare in un bosco, a volte, per sentirsi diversi, trasportati in una dimensione che trascende il pensiero, le preoccupazioni e ogni quotidiana abitudine.

Basta che la strada asfaltata cominci a fondersi con il sentiero appena battuto, che le case lascino posto agli alberi, che la polvere di asfalto diventi polvere di terra e tutto cambia.

Basta ascoltare il silenzio. All’inizio stordisce. Poi, a poco a poco,  i suoni prendono forma: gli uccelli che cantano, il fruscio delle foglie mosse, i ramoscelli spezzati sotto le scarpe. Le rane negli stagni, l’acqua danza nei torrenti. Come singoli strumenti fusi in un’orchestra riempiono  il cuore di silenzio e di pace.

Basta guardarsi intorno, e lasciarsi stupire come bambini, e come bambini lasciarsi andare e giocare, gli occhi vedono cose consuete, eppure mai viste prima.

Basta respirare. Nel bosco, l’aria è diversa, sembra frenata dagli alberi, ovattata e fresca allo stesso tempo. Gli odori sono più intensi. Qui, dove il mondo sembra lontano e così incredibilmente presente, ti ricordi di respirare, il tuo corpo te lo ricorda, hai fame di questa aria, chiedi che ti riempia i polmoni, la vuoi sentire. E’ quasi un istinto coordinare il respiro con i passi. 

Basta lasciarsi cadere morbidamente sulla terra per assorbirne l’energia.

Tutto diventa armonia

E’ un rituale di pulizia dell’anima. 

Rigenera, riequilibria, nutre, ritempra.

Sembra magia, e forse un po’ lo è.

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Si chiama “breathwalking” e non è una semplice tecnica, o un esercizio aerobico. E’ prendere coscienza del mondo esterno e di noi.  E’ lavoro con il respiro, è mindfulness.  E’ counseling.  E’ tutto questo, e molto di più.

 

Dove: a Milano e a Cernusco sul Naviglio.

Contattami, lasciandomi se vuoi  la tua mail, se sei incuriosita/o e vuoi provare

Ti aspetto con gioia,

Elena

Uno dei regali più grandi nella mia vita…

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…anche se all’inizio, a dirla tutta, proprio un regalo non mi è sembrato. Anzi.

 

Talvolta nella vita sembra che tutto si fermi.

Immaginate la scena: state viaggiando con la vostra automobile e, senza motivo apparente, senza pensarci, d’improvviso frenate bruscamente. Non è piacevole! E vi trovate fermi, a domandarvi perché mentre le altre macchine vi sorpassano strombazzando a tutto volume (e magari, anzi probabilmente, non sono solo colpi di clacson che volano).⁉️

Non le vedete nemmeno.  Sapete solo di essere fermi, ma con una gran voglia di correre.

Ci si trova spettatori della propria vita, spettatori del proprio copione. Talvolta con effetti devastanti.

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Avevo poco meno di 40 anni quando mi è capitato. Nel frattempo mi ero diplomata, “vaccinata”, laureata, sposata, partorito tre volte e traslocato almeno altrettante volte, passato attraverso lutti, cambiato lavoro, cambiato città. Non posso certo dire che sia stata una vita monotona, e nemmeno priva di soddisfazioni, anzi, eppure, quando mi sono chiesta come sarebbe stata raccontarla ad altri. mi è venuto da sbadigliare al solo pensiero. 

Poi un giorno, su una rivista, mi sono imbattuta in un’intervista a una signora 80enne che raccontava come, raggiunti i 40 anni, di fronte alla “sua” brusca frenata, si fosse chiesta che cosa avrebbe fatto nel resto della sua vita. Bene, ha ripreso a suonare il pianoforte ed è diventata concertista. Mi spiace davvero molto non ricordarne il nome, perché le devo molto: avermi condotto a pormi la stessa domanda.  Mi ha reso consapevole di quanto sia importante non smettere mai di sognare, di mettersi alla prova, di reinventarsi.

Ovviamente, era qualcosa che già stava maturando in me. E’ proprio curioso come a volte sembra “per caso” di trovarsi davanti a uno specchio (nel mio caso un articolo di giornale) e di vedersi per la prima volta.

L’impatto di questa scoperta non è sempre stato facile: è stato l’inizio di un periodo di crisi, di cambiamento che mi ha creato, in principio, quasi  più problemi che soddisfazioni. Però ora, ripenso a quegli anni  con una sorta di tenerezza e di gratitudine, perché mi hanno portato a riconoscere chi sono, a lasciarmi indietro abitudini e credenze, convinzioni e giudizi che mi bloccavano, ad abbandonare copioni che non mi appartenevano più; ad avere più fiducia in me stessa, a dedicarmi alle mie passioni, magari lasciate un po’ in disparte, come la scrittura ad esempio.

Ho scoperto che è possibile reinventarsi, rispolverando talenti, concedendosi possibilità, andando alla ricerca di nuovi angoli dell’anima e del cuore tenuti nascosti, allineandosi ai propri valori, scoprendo nuovi punti di vista, accettando a volte e a volte ribellandosi. 

Tutto questo grazie all’impegno personale, è necessario voler mettersi in gioco, certo, ma ho imparato anche l’importanza,  in questi momenti, di saper chiedere aiuto.

Grazie quindi al counseling, al breathwork, riprendere il contatto con il mio respiro è stato fondamentale, alla mindfulness; sono grata a chi mi ha accompagnato in un percorso di crescita personale – poco  astratto e molto funzionale- un viaggio incredibile e con risultati che non avrei mai immaginato, lo stesso viaggio che vi propongo ora nei miei percorsi.

Mi è stata regalata una domanda; e la forza e la curiosità di cercare la risposta, la mia risposta.

Un punto interrogativo che ha segnato una svolta, un nuovo inizio.

Un dono importante, uno dei più preziosi che abbia mai ricevuto.

Vi voglio rilanciare allora questo dono: che possiate trovare anche voi la risposta alla “vostra domanda”.

L’avete già trovata?

 

Vi aspetto come con gioia: nei commenti, se volete scrivetemi:

bottegafelicitacounseling@outlook.it

Elena

Quand’è che la vostra vita è incominciata veramente?

Oggi sono curiosa, e vorrei proporvi una domanda che mi è stata fatta di recente.

 

Quando è che la vostra vita

Ok: sicuramente un punto di svolta epocale (anzi IL punto di svolta per eccellenza) è stato il momento vero e proprio  della nascita!

Ma ci sono altri istanti nella vita che si imprimono nella mente e nel cuore in modo speciale, indelebile, perché  sono stati talmente significativi da aver causato cambiamenti di tale portata, che magari ci hanno anche travolto come tsunami, ma che, a ripensarci bene, possiamo considerare delle vere e proprie rinascite.

Punti di svolta.

A volte si è trattato magari di attimi di felicità intensa, a volte anche senza motivo.

A dieci anni, durante una passeggiata, mi sono trovata sull’orlo della val di Tede, e guardandomi intorno ho pensato che fosse la casa di dio. Mi sono sentita felice e appagata ed è stato uno di quei momenti in cui, sentendoci parte di tutto, il mondo si apre ai nostri occhi in modo nuovo; tanto è vero che è un ricordo indelebile: mi basta chiudere gli occhi per rivivere quella fantastica sensazione; mi sento come tornata a casa.

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Anche i momenti in cui ci si innamora, sono istanti speciali, in cui sembra di rinascere

A volte, invece, i punti di svolta, sono associati a periodi di crisi profonda. 

Sono quei momenti in cui sembra che non ci siano vie d’uscita.

i momenti in cui dobbiamo imparare a lasciar andare (e quanto è difficile!)

i momenti in cui quando qualcuno ti dice “vedrai che passerà” o “guarda che è dalle crisi che nascono le opportunità migliori” tu vorresti solo strozzarlo! 

Di uno dei miei “punti di rinascita” mi ricordo persino la data: era il 16 agosto di qualche anno fa. Mi sono svegliata di punto in bianco, di notte, con questo pensiero: “Ho due strade di fronte a me: o mi lascio andare e cado in depressione, oppure mi do una mossa e do una svolta alla mia vita” . Ovviamente era la sintesi di un lungo periodo di crisi e di riconsiderazione della mia vita, ma mi ha portato a dedicarmi al counseling e continuare in modo più significativo nel mio percorso di crescita personale. A ritrovare me stessa attraverso il respiro, e wow, che cambiamento è stato!

Sì, a pensarci ora, non è stato un periodo facile, ma lo ripercorro quasi con affetto per il bene che ne è nato. E’ consolante pensarlo. Sapere che veramente i momenti di crisi possono nascondere i semi di una nuova vita.

Se ci prendiamo cura di noi.

Se ci crediamo.

 

E, dunque, quand’è che la vostra vita è incominciata veramente?

Se volete, condividetelo nei commenti 🙂

Sbagliare o non sbagliare? Questo è il problema…

Si sbaglia sempre. Si sbaglia per rabbia, per amore, per gelosia. Si sbaglia per imparare. Imparare a non ripetere mai certi sbagli. Si sbaglia per poter chiedere scusa, per poter ammettere di aver sbagliato.Si sbaglia per crescere e per maturare. Si sbaglia perché non si è perfetti, si è umani.”
 
Bob Marley  

Si dice che Edison abbia fatto quasi 2000 tentativi prima di mettere a punto la sua lampadina; eppure non ha mai mollato.

Michael Jordan sa elencare con precisione quasi ogni tiro sbagliato della sua lunga carriera, ogni partita persa, ogni tiro decisivo mancato. Ma considera ognuno di questi errori la base del suo successo.

error-3060993_640Mettiamoci pure l’anima in pace: sbagliare è inevitabile, prima o poi un errore lo commettiamo tutti. A scuola, a casa, nel lavoro, nelle relazioni, nella vita, praticamente nessun ambito della nostra esistenza ne è escluso. E se qualche errore è davvero minimo (una cena bruciata o immangiabile non è certo la fine del mondo) a volte commettiamo davvero sbagli clamorosi. Con conseguenze anche pesanti.

Ho letto di recente un bell’articolo di Frederick Franget sulla rivista “Mind” di LeScienze (gennaio 2018) proprio su questo argomento.

Franget si interroga sulle diverse modalità con cui si reagisce agli errori. Proviamo a pensarci. Come reagiamo, noi, di solito?

C’è chi generaliizza: non si limita cioè a riconoscere ciò che è solo UN errore, più o meno grave, ma si butta giù pensando “io sono sbagliato”. A scuola mi hanno insegnato bene l’uso del lessico, e quanto può fare la scelta delle parole che utilizziamo: c’è una bella differenza tra “io sono sbagliato” e “io ho sbagliato”! Il primo è un giudizio sulla persona, il secondo considera il comportamento: che cosa è più funzionale? Anche per rimediare all’errore commesso?

Poi c’è chi proprio non ammette errori: anche la più piccola sbavatura rispetto all’immagine perfetta di noi o di come dovrebbe essere la nostra vita si trasforma in una tragedia. Chiediamo troppo a noi stessi, ma se cercare di migliorare è sempre uno stimolo in più, tendere sempre alla perfezione in ogni campo può causare ansia. Si può arrivare ad essere sempre più ambiziosi, ma si può anche ottenere l’effetto opposto: per la paura di sbagliare possiamo paradossalmente diventare mediocri. Ovvero, tendere a obiettivi più modesti, ma più facilmente raggiungibili, rispetto alle nostre ambizioni, alle nostre capacità. Si riduce l’ansia, certo; per contro l’insoddisfazione è in agguato dietro l’angolo.
Se poi la stessa ansia da perfezione la proiettiamo anche sugli altri, quanto si complicano le nostre relazioni…

La paura di sbagliare può portare a un livello di insicurezza tale da spingere a un’eterna incertezza, paralizzante: per paura, alla fine, non si prendono decisioni. Oppure si procrastinano sino all’ultimo, quando proprio non se può fare a meno (e poi dobbiamo correre contro l’ulteriore tensione di non avere tempo sufficiente per farcela).

Chiaro: sbagliare non fa piacere a nessuno.

Però mistake-1966460_640gli errori fanno parte del nostro bagaglio. E cercare a tutti i costi di evitarli può portare a commettere errori ancora più clamorosi. A vivere di rimpianti. Ad accontentarsi. A non raccogliere mai le occasioni che ci si presentano, le sfide, le avventure.

Non dico che bisogna essere incoscienti. La paura è un istinto innato che serve anche a preservarci. Dico che ogni tanto dobbiamo avere coraggio ed osare di mettere il naso fuori dalla nostra zona di comfort e ..buttarci. Sapendo anche che possiamo sbagliare, ma che dai nostri errori avremo magari qualcosa da imparare.

Certo, se sbagliamo, dobbiamo prenderci anche la responsabilità che dai nostri errori deriva, anche se le conseguenze a volte possono essere spiacevoli, difficili (a volte persino imbarazzanti!).

Ma forse a volte, dopotutto, è meglio mancare il bersaglio piuttosto che restare sempre in panchina e non sbagliare mai.

Dove comincia il viaggio

E qui dunque inizia per davvero il viaggio alla ricerca della felicità.
Ok, ok, lo so: come metafora  ricerca della felicità =  viaggio non è un granché originale, ma tant’è: ogni percorso, ogni esplorazione, ogni ricerca in fondo lo è.
Mi viene del resto molto facile pensarlo, sarà perché, personalmente, viaggiare mi rende felice?

Un viaggio, dunque.
Che cosa ci spinge a viaggiare verso la felicità, spesso senza nemmeno frog-897418_640sapere di che cosa si tratta veramente, senza sapere dove questo viaggio ci porterà?

Può essere curiosità.
Il sale di ogni viaggio, l’ingrediente fondamentale di ogni ogni scoperta, una piccola scintilla che ci permette di aprire occhi, mente e cuore sul mondo.

Può essere fuga.
Quante volte ci sentiamo in gabbia, oppressi, troppo presi da pensieri, problemi, preoccupazioni, dolori e avremmo solo voglia di essere…altrove, non importa nemmeno dove, basta essere altrove…

Può anche essere noia.
La noia ci uccide, ma a volte ci salva. Se la sappiamo prendere come un campanello che ci spinge a uscire dalla nostra zona di confort e cercare nuove ispirazioni, nuove idee, a rinfrescare la nostra vita, le nostre abitudini, a respirare aria fresca e nuova.

Può essere disperazione.
Quando ci sembra di aver raggiunto il fondo e ci troviamo davanti a un bivio: lasciarci andare oppure metterci in viaggio.

Può essere insofferenza:  quando  siamo semplicemente stufi  di sentirci sempre un po’ tristi, demotivati, depressi, stanchi, senza energie..

Può essere irrequietezza.

Può essere la voglia di andare per il semplice gusto di muoversi.

Può essere il gusto della scoperta: la ricerca di nuove visuali, di nuovi orizzonti.

Può essere un mix di tutto questo e di altro ancora.
Non importa, anche se conoscere cli nostre motivazioni può essere un buon punto di partenza.

Ci avete mai pensato?
Che cosa vi spinge alla ricerca della felicità?
Provate a rispondere, di getto, senza pensarci troppo, magari scrivendo che cosa viene fuori.
Poi rileggete ciò che avete scritto: e se è emerso qualcosa di particolarmente significativo, se volete, scrivetelo nei commenti.

Parentesi (sono stata assente per un po’…)

Sì, sono stata assente per qualche mese, ed è stato un periodo importante.

Ho iniziato (ed ora concluso) un lungo tirocinio che mi ha portato, finalmente, a conquistare il diploma di counselor.

E’ stato un percorso che mi ha confermato che ciò che conta al mondo siamo noi, ognuno di noi! Tutti portiamo dentro un universo sconfinato e meraviglioso di emozioni, di turbamenti, di energia; tutti possediamo  un carico prezioso di risorse e di potenzialità che ci permetterebbero davvero di vivere una vita … felice, qualsiasi significato ognuno di noi dia a questa parola. Non sprechiamo tutto ciò, spolveriamo  ogni tanto la nostra vera identità, prendendocene cura, scoprendola, portandola alla luce, senza più tradirla.

Sono grata a ciascuna delle persone che ho incontrato, Ed ora sono pronta a riprendere con voi questo (in definitiva mai interrotto) viaggio alla ricerca della felicità.

Ma …vi siete mai chiesti che cosa sia, per voi, la felicità?