Ecco un libro che vi consiglio davvero. Un bellissimo romanzo, di quelli che non lasciano indifferenti.
Si Intitola “Eleonor Oliphant sta benissimo”, ed è è stato scritto da una autrice esordiente, Gayl Honeyman, edito in Italia da Garzanti.
Ma che cosa vuol dire, per Eleonor, stare bene?
Che poi: “Sto bene” …..
A volte quando ti chiedono “come stai?”… alzi la mano a hi è capitato di rispondere “sto bene” anche quando verrebbe voglia di dire “sto male, anzi malissimo”. Perché si sa già che nella maggior parte dei casi chi ti ha posto la domanda non ha veramente intenzione di sapere se e quanto stai bene o male. La risposta corretta e universalmente accettata è “bene”.
Al massimo potrebbe essere un “bene, dai” o un “facciamocela andare bene” accompagnata da un sospiro rassegnato. E questo è accettabile: vuol dire “va tutto a rotoli, ma vedi come sono forte/paziente/rassegnato/santo/santa? me la faccio andar bene”… ed esonera l’altro da indagare.
Il brutto è che a volte rispondiamo “sto bene” anche a noi stessi.
E ci crediamo davvero.
Ma è davvero così?
Eleanor Oliphant sta bene.
“Mi chiamo Eleanor Oliphant e sto bene, anzi: benissimo.
Non bado agli altri. So che spesso mi fissano, sussurrano, girano la testa quando passo. Forse è perché io dico sempre quello che penso. Ma io sorrido, perché sto bene così. Ho quasi trent’anni e da nove lavoro nello stesso ufficio. In pausa pranzo faccio le parole crociate, la mia passione. Poi torno alla mia scrivania e mi prendo cura di Polly, la mia piantina: lei ha bisogno di me, e io non ho bisogno di nient’altro. Perché da sola sto bene.
Solo il mercoledì mi inquieta, perché è il giorno in cui arriva la telefonata dalla prigione. Da mia madre. Dopo, quando chiudo la chiamata, mi accorgo di sfiorare la cicatrice che ho sul volto e ogni cosa mi sembra diversa. Ma non dura molto, perché io non lo permetto.
E se me lo chiedete, infatti, io sto bene.
Anzi, benissimo.
O così credevo, fino a oggi”.
A volte ci trinceriamo dietro un tutto nostro “va bene”. Ci creiamo routine, abitudini che ci aiutano ad arrivare a sera senza troppi pensieri. Ci nascondiamo dietro dipendenze, in casi più gravi. E’ una morbida corazza che ci protegge. A volte dura tutta la vita. Una sorta di ovatta in cui avvolgere le nostre emozioni, per non ascoltarle troppo. A volte capita qualcosa che ci scuote. E non necessariamente è qualcosa di sconvolgente.
Perché oggi è successa una cosa nuova. Qualcuno mi ha rivolto un gesto gentile. Il primo della mia vita.
E questo ha cambiato ogni cosa. D’improvviso, ho scoperto che il mondo segue delle regole che non conosco. Che gli altri non hanno le mie stesse paure, e non cercano a ogni istante di dimenticare il passato.
Forse il “tutto” che credevo di avere è precisamente tutto ciò che mi manca. E forse è ora di imparare davvero a stare bene.
Anzi: benissimo… (…)
Per Eleonor Oliphant inizia un viaggio, non semplice ma necessario, alla ricerca della sua verità, della sua vita. Un viaggio che la porterà a toccare il fondo per poter poi riemergere.
Stop!! Non dico più niente del libro, perché “Eleonor Oliphant sta benissimo” merita davvero di essere letto, scoperto pagina dopo pagina (e senza spoiler!). Una protagonista e una storia che rimangono nel cuore; il dramma, la solitudine e la rinascita di Eleonor sono raccontati con una semplicità disincantata, disarmante, con una garbata ironia a tratti pungente.
Solo una considerazione finale.
Il cambiamento di Eleonor ha inizio da un gesto di (comune) gentilezza.
Si, gentilezza.
In un mondo in cui “gentilezza” è troppo spesso sinonimo di “debolezza”, quando veniamo a contatto con il suo potere dirompente rischiamo di uscire scioccati.
Perché la gentilezza è un potere sottile, è contagiosa. E chi ne viene contagiato spesso si ritrova a sua volta a compiere gesti di gentilezza…
Non sottovalutiamo questo potere.
Coltiviamo la gentilezza, cerchiamola, diffondiamola!
Pratichiamo la gentilezza: verso di noi, verso gli altri.
E poi annotiamo come ci sentiamo.
Sicuramente: bene.
Anzi, benissimo!