Donne, perché

Sarà perché sono donna 365 giorni all’anno e per questo festeggio ogni giorno.

Sarà perché sono nata e cresciuta in una famiglia di donne incredibili, per cui mi è sempre sembrato naturale pensare che tutte le donne lo siano (e mi sono sempre stupita che qualcuno potesse pensarla diversamente).

Sarà per le stagioni che ho vissuto, bambina, ragazza, donna:  ognuna con le sue battaglie, le sue vittorie e le sue sconfitte, le paure e le certezze, i sogni, le  lacrime, le  risate.

Sarà perché è una festa che nasce da un episodio drammatico e non da una scatola di cioccolatini.

Sarà perché io fermamente credo che in ogni donna ci sia un mondo di forze e di risorse che a volte chiedono solo di uscire allo scoperto e vorrei che tutte al mondo potessero farlo, senza più violenze, senza oppressioni, con l’incoscienza, la leggerezza dei colori che portiamo dentro di noi e con una risata per tirare i sogni fuori dal cassetto.

Sarà per tutto questo che non sento molto ll’8 marzo; ma è anche per questo  che dedico questa pagina a tutte le donne.

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E, per farlo, ricorro a una poesia.

E poi ci sono le Donne Donne…
E quelle non devi provare a capirle,
perchè sarebbe una battaglia persa in partenza.
Le devi prendere e basta.
Devi prenderle e baciarle, e non devi dare loro il tempo il tempo di pensare.
Devi spazzare via con un abbraccio
che toglie il fiato, quelle paure che ti sapranno confidare una volta sola, una soltanto.
a bassa, bassissima voce. Perchè si vergognano delle proprie debolezze e, dopo
averle raccontate si tormentano – in una agonia
lenta e silenziosa – al pensiero che, scoprendo il fianco, e mostrandosi umane e fragili e
bisognose per un piccolo fottutissimo attimo,
vedranno le tue spalle voltarsi ed i tuoi passi
allontanarsi.
Perciò prendile e amale. Amale vestite, che a
spogliarsi son brave tutte.
Amale indifese e senza trucco, perchè non sai
quanto gli occhi di una donna possono trovare
scudo dietro un velo di mascara.
Amale addormentate, un po’ ammaccate quando il sonno le stropiccia.
Amale sapendo che non ne hanno bisogno: sanno bastare a se stesse.
Ma appunto per questo, sapranno amare te come nessuna prima di loro.
Alda Merini

Siamo come onde

 

Ma come: nello scorso articolo

http://labottegafelicita.myblog.it/2018/02/16/si-puo-vincere-la-pigrizia/ )

ho spiegato come combattere la pigrizia ed ora la elogio?

Sì.

Perché la vita è bella proprio perché non è mai la stessa.
La vita è alternanza.
La vita ci sfida a cambiare in ogni singolo istante e  lo sperimentiamo sin dall’ attimo baby-2242635_640preciso in cui apriamo gli occhi su questo mondo, con il respiro: con quel soffio di aria che entra, nutre, attiva e pretende vita  (inspirazione) per poi lasciarsi andare (espirazione).
L’energia è yin e yang, femminile e maschile.
Il tempo alterna il giorno e la notte, il sole e la luna, la luce e il buio.
Alla primavera e all’estate subentrano l’autunno e l’inverno.
Al caldo, il freddo (e poi torna il caldo).
Dopo la veglia arriva il sonno,
dopo l’azione ci deve essere riposo.
E non c’è giusto e sbagliato, se ogni cosa si manifesta al momento, nel modo in cui serve che arrivi.

L’energia è azione, ma è anche sapersi rigenerare.
Non è una questione di quantità, ma di qualità.
Spesso bastano tre, cinque respiri profondi per “riposare” e recuperare l’energia che ci serve.

Pensiamo alle onde del mare in una giornata tranquilla. Immaginiamoci seduti sulla riva ad osservare la grazia, la fluidità del movimento incessante: riuscite a vedere l’acqua che sale, l’acqua che scende? Che sensazioni provate? Per me è energia, e pace allo stesso tempo.

Pensiamo ora alla nostra vita.

sea-2588484_640I ritmi di alternanza sono fluidi come le onde del mare?
O assomigliano piuttosto a un mare in tempesta?
E’ un ritmo armonioso o sincopato?

Tornate ora alle vostre sensazioni: come vi sentite ora? Se provate una sensazione di fastidio, di irrequietezza, forse è arrivato il momento di prendervi una pausa di riposo…

Vi propongo un piccolo esercizio.

Sempre pensando alle onde del mare, chiudete gli occhi, rilassatevi, e portate l’attenzione al vostro respiro. Concentratevi sull’aria che entra e sull’aria che esce, in un moto fluido, scorrevole, rotondo, calmo come il mare in una sera d’estate. Sentite sulla pelle la carezza dell’acqua, del sole e di una brezza gentile. Sentitevi come una piccola onda. Sincronizzatevi  sul suo movimento, sincronizzatevi il respiro. Per qualche minuto.

Come vi sentite, adesso?

 

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Vorrei che andaste incontro al sole e al vento
con la pelle più che con il vestito
perchè il respiro della vita
è nella luce del sole
e la mano della vita è nel vento

(Kahil Gibran)

La leggerezza del calabrone

Secondo alcuni autorevoli testi di tecnica aeronautica il calabrone non può volare a causa della forma e del peso del proprio corpo, in rapporto alla superficie alare.

Ma il calabrone non lo sa e perciò continua a volare.
(Igor’ Ivanovič Sikorskij)

Spiace dirlo, ma sembra sia una bufala, quella che i calabroni non possano volare. Sono in molti ad aver confutato questa tesi, in vari modi, logici e sensati. Qualcuno si è addirittura indignato perché –ma insomma!– non si tratta del calabrone, bensì del bombo!

Ciò che più infastidisce in questa frase, è la cosa più interessante: non tutto è spiegabile razionalmente. A volte credere, andare oltre le teorie codificate, fidarsi del proprio istinto, permette di superare i propri limiti, i propri confini.

Quante volte è capitato di incontrare qualcuno che ci ha detto, o ci siamo autoconvinti, che una certa cosa è impossibile o che non abbiamo abbastanza talento o abilità per potercela fare. Eppure, le più grandi scoperte, le più grandi invenzioni, i record sportivi sono stati realizzati grazie a persone che sono andate oltre al possibile.

Parliamo anche di felicità: quante volte ci è stato insegnato viviamo in un mondo fatto di sofferenza, sacrificio, dolore? Vero, innegabilmente. Ma non può essere solo questo, anche se a volte la vita ci propone lezioni ed esperienze davvero difficili, totalizzanti, in cui guardare oltre sembra impossibile.

Dobbiamo imparare la leggerezza dei calabroni (pardon, dei bombi), dimenticare chi ci vuole ancorare a terra, e imparare a volare.

(Ri)trovarebee-705412_640 le proprie “ali” si può, magari con un po’ di allenamento (e in questo il counseling può essere di grande aiuto).

I bombi volano, nonostante gli autorevoli testi di tecnica aeronautica. E, volando,  possono anche risultare un po’ fastidiosi per gli esseri umani, per il loro ronzio incassante; a volte magari pungono pure, ma non importa. Per fortuna se ne infischiano delle teorie: sono tra gli insetti impollinatori più importanti.

Sono, in altre parole, portatori di vita, come dovrebbe essere ognuno di noi.

Sì, sto proprio augurando a tutti di essere un po’ più… bombi!

Le persone che cambiano il mondo

Oggi vi voglio proporre una poesia che non parla direttamente di felicità… ma quasi. Spesso infatti sono le piccole cose di tutti i giorni, se fatte  con piacere, con intenzione, con cura, con passione, ad avvicinarci alla felicità.

I giusti

Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del sud silenziosamente giocano a scacchi.
Il ceramista che premedita un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.

Jorge Luis Borges

Mi piace il senso di quieta felicità che traspare da questi versi.

Forse pensiamo che siano gli eroi, quelli che cambiano il mondo, e sicuramente è così. Ma  tutti,  nella nostra quotidianità, possiamo essere un po’ eroi. C’è sempre qualcosa che possiamo fare per migliorare la nostra vita, e quella di tutti. Non è retorica, è un concetto reale e concreto, anche se non sempre semplice: eppure la poesia di Borges ci offre uno spunto importante, una traccia da seguire.

Sono i momenti vissuti in modo pieno, attento, quieto e sereno (…felice?) quelli che fanno la differenza, che danno un senso alle nostre giornate.

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13 Novembre: Giornata mondiale della Gentilezza

Il 13 novembre si celebra la giornata mondiale della gentilezza.

E gentilezza e felicità vanno di pari passo.

Vi è mai capitato, infatti, di sentirvi improvvisamente felici per un gesto di gentilezza, magari inaspettato? A me sì, molto spesso. E quindi, ricambiate, ricambiate a piene mani e di gusto, non solo oggi, ma ogni giorno. Spesso un semplice gesto, un grazie, un sorriso, fanno la differenza.

C’è una frase famosa che circola già da un po’, ma che mi piace molto e che vi riporto volentieri:

“Praticate atti di gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso”            (Anne Herbert)

E’ un po’ l’essenza della gentilezza: Non c’è bisogno che ci sia un senso, un motivo, tanto meno un tornaconto per essere gentili. Dispensare gentilezza a casaccio ogni volta che riusciamo, sarebbe una rivoluzione. E dunque, cerchiamo di essere gentili  con gli altri, gentili con la natura,  gentili con noi stessi!

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Perché la gentilezza rassicura, riscalda, unisce.

La gentilezza celebra:  le relazioni, la natura, la vita.

 

Cercare o smettere di cercare?

Mi scrive una lettrice (che ringrazio per avermi contattato: e sì, è un invito a scrivermi i vostri pareri e le vostre impressioni!) contestandomi l’idea che la felicità vada cercata: per lei la felicità è qualcosa che arriva, specialmente quando non la si aspetta.  Non dipende da noi. Quindi, paradossalmente, meno la cerchiamo e più felicità arriva.

Vero. E falso allo stesso tempo.

E’ vero che accanirsi non porta la felicità, anzi, se diventa un’ossessione l’idea di essere felici porta all’esatto opposto, come tutte le volte che ci attacchiamo troppo a un’idea rischiamo di perderne di vista la sua stessa essenza. Del resto persino Buddha ci ricorda che non esiste una vita priva di sofferenze…e se lo dice lui…

Però possiamo scegliere, almeno nella maggior parte dei casi, sicuramente quando dipende da noi, quanto meno di non essere infelici: e non è poco.

Per tornare al viaggio: diciamo che  il viaggio alla ricerca della felicità non può essere…  una crociera, che per quanto bellissima, se vista come ricerca continua e ossessiva del divertimento, alla lunga stancherebbe e forse annoierebbe persino.

Piuttosto,  la ricerca della felicità è come una passeggiata in montagna: sentieri nel bosco che rasserenano, radure in cui correre a perdifiato, erba da annusare, fiumi da attraversare, sassi e fiori… Discese, ma anche salite, scivolate, ostacoli. Si cade e ci si rialza. Ci si stanca e a volte si riposa (e si mangia cioccolato per ritemprarsi!) … per arrivare alla fine e sentirsi in cima al mondo, circondati dal cielo!

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Eh, sì.

La felicità è quel senso (intimo e infinito) di far parte del tutto.

Basta poco….

In fondo, non è successo niente.

E’ solo capitato, come talvolta accade a chiunque, di essermi alzata “con il piede sbagliato”: troppi pensieri per la testa, un po’ di preoccupazione, qualche problema da risolvere,  la lista delle cose da fare che incombeva come un macigno… e, per questo, un peso sullo stomaco e la mente chiusa a riccio sui miei guai.

Poi ho guardafullsizeoutput_df0to fuori dalla finestra, e ho visto una calda luce autunnale illuminare l’ultima fioritura dell’anno, accendendola di un rosso tenue. E ciò che ho visto mi è sembrata così invitante, così dolce, così bello che mi sono resa conto che con il mio stato d’animo negativo, semplicemente, rischiavo di perdere questa piacevolezza inaspettata.

Allora ho fatto pochi, piccoli esercizi per aprire il respiro, e ho respirato a fondo: tre, cinque respiri profondi e pieni e la prospettiva è cambiata.

Intendiamoci: i pensieri, i problemi, la lista delle cose da fare sono ancora lì che mi aspettano.
Ma hanno perso gran parte del loro potere.

Perché mi sono accorta di un piccolo raggio d luce e, accogliendolo, ho lasciato il sole entrare nella mia mattina.

 

 

 

 

 

p.s. e la giornata mi ha regalato poi momenti bellissimi… e pochi problemi 🙂

Un nuovo traguardo

Oggi voglio  condividere con voi un altro traguardo raggiunto quest’anno: ieri ho superato l’esame e sono diventata Maestra di Reiki.
Ma che cos’è reiki?316px-Reiki-old-style.svg

Il nome REiKI evoca l’unione tra l’energia universale (REI) e quella individuale (CHI): c’è chi vede la sua applicazione pratica come una tecnica, per me è piuttosto un’arte: l’arte di vivere in modo pieno, consapevole e coerente;  l’arte di riequilibrare l’energia che scorre in tutti i noi.
L’ideogramma reiki rappresenta proprio questo: l’energia universale  scende verso la terra e viene raccolta dagli uomini che si rendono disponibili ad accoglierla e a diffonderla, per risalire poi in un moto fluido e continuo verso il cielo, lasciando in dono un piccolo chicco di riso, nutrimento per la nostra crescita personale.
Reiki è prima di tutto uno stile di vita, basato su 5 precetti:

Solo per oggi

non ti arrabbiare

non ti preoccupare

Lavora diligentemente

Onora i tuoi genitori

Sii grato

Spesso in un trattamento reiki si può sperimentare lo scorrere dell’energia e un grande senso di rilassamento.

Proprio per questa sua prerogativa di portare benessere e vitalità, REIKI è considerato un metodo di guarigione alternativo, riconosciuto e praticato anche in alcuni ospedali, nel mondo e in Italia.

Il suo fondatore, Usui, un monaco giapponese vissuto tra il 1800 e i primi anni del ‘900, ha definito REIKI come:

“L’arte di invitare la felicità, la medicina spirituale per tutte le malattie”

Ci sta, no? in quest’ottica il mio diploma diventa un altro passo di questo lungo viaggio verso la felicità.

 

Felicità è non aver bisogno della felicità

Oggi, nella mia ricerca sulla felicità, mi sono imbattuta in una riflessione di Lucia Giovannini, ispirata a una celebre frase di Seneca:

Felicità è non aver bisogno della felicità

Scrive Lucia Giovannini che la felicità dipende solo da noi. Spesso la nostra infelicità dipende dalle nostre aspettative, non adatte a noi, ai nostri valori, spesso modellate sul confronto che facciamo con gli altri. Ma se basiamo la nostra felicità su quello che gli altri fanno o possiedono, il rischio, nemmeno troppo remoto, è quello di covare alla lunga se non invidia quanto meno insoddisfazione. In definitiva, la felicità non è bisogno di possesso.

Vero. Personalmente penso che Seneca vada un passo oltre, intendendo, per come la vedo,  che anche la ricerca stessa della felicità può ostacolarne il raggiungimento.

Smettiamo di voler essere felici ad ogni costo! Accogliamo invece le nostre emozioni, la nostra vita, per quello che sono: sono arrabbiata? Bene, ok, avrò i miei buoni motivi per esserlo. Che senso ha raccontarmi la favoletta che sono felice, perchè devo esserlo? Piuttosto posso avere fiducia: fiducia che la mia emozione, come è arrivata, passerà, E, piuttosto, non permettere che la mia rabbia (o infelicità o quant’altro) influenzi il mio comportamento, il mio essere.

Felicità è quindi, anche,  fiducia. 

Seneca

 

Capita a volte una giornata così

Capita a volte, una giornata così,
in cui non ha senso cercare la felicità.

Capita a volte una giornata così,
in cui realizzi che ci sono cose che non cambieranno mai.

quando qualcuno ti getta addosso il suo disprezzo
(la sua invidia, la sua in-sofferenza)
e stavolta non riesci a schivarlo.

Capita a volte una giornata così,
in cui qualcuno è lontano
e lo vorresti vicino
e la distanza, oggi, fa male

E capita, in giornate così
che un ricordo rinasca
in una canzone ascoltata per caso.

E capita a volte, sì, capita, una giornata così.

In cui il senso della felicità è nascosto
nella malinconia che ti assale,
come un maglione che ti avvolge,
troppo caldo in un giorno d’estate.

come il vento che rincorri,
troppo freddo a gennaio.

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